Sotto un cielo di vetro

12 marzo – 17 maggio 2020

Attraverso le immagini scandisco i miei giorni, che in un certo senso sono quelli di tutti: isolati come monadi, ciascuno nel proprio mondo senza diretti contatti con l’esterno. Se del reale non possiamo avere una conoscenza oltre la nostra percezione, qual è adesso la realtà?

Siamo isole in mezzo al mare, un’alta marea di incomunicabilità che ha ricoperto la terra che ci univa. Come non era mai successo prima, ognuno vive una realtà soggettiva, astratta in un nuova dimensione, principalmente virtuale. Abbiamo esperienza di ciò che ci circonda solo attraverso i fenomeni, sempre più distanti e semplificati, che ci arrivano attraverso i mezzi di comunicazione.

Gli oggetti assumono un nuovo significato totalmente relativo alla situazione attuale e mi legano alla contingenza quotidiana, che continua a scorrere indisturbata come il cielo, diverso ogni giorno. Mentre cerco di comprendere meglio cosa vivo, sento che niente mi tiene ancorata alla realtà se non la materia stessa. E’ in questa dimensione, incontaminata e soggettiva sempre più forzata, che ricerco un’oggettività.

Mi chiedo se mai la marea si abbasserà totalmente e se quando riemergerà la terra porterà i segni di ciò che sta succedendo. In questo tempo sospeso potranno formarsi nuove consapevolezze, per interrogarsi su cosa sia veramente necessario. Forse davanti ai nostri occhi il velo che li ha coperti fino adesso è sempre più fino e le ombre a cui ci eravamo abituati appaiono sempre più per quello che sono, semplici illusioni. Una forza di volontà trascurata e adesso riscoperta può far emergere un nuovo potenziale vitale, che nel concetto di “prendersi cura” trova massima espressione.

E’ come essere oggetto di un esperimento in laboratorio: isolamento e riduzione all’essenziale. In questa condizione, in cui le variabili e le interferenze vengono ridotte al minimo, gli scienziati studiano i fenomeni scoprendone i funzionamenti. Nella nostra teca non possiamo far altro che riflettere e, osservandoci dall’interno nel riflesso del vetro, cosa vediamo? Quali sono le domande che adesso abbiamo tempo di porci?

 

Ogni giorno nel periodo di isolamento tra marzo e maggio 2020, da casa ho scattato delle fotografie. Principalmente usando me stessa come soggetto, cosa che non avevo ancora mai avuto l’occasione e l’interesse di fare, e osservando il quotidiano. Il racconto completo l’ho di giorno in giorno pubblicato su instagram, utilizzandolo questo mezzo come un diario rivolto verso l’esterno, alla ricerca di un contatto e una condivisione.

 

12 March - 17 May 2020

Through images I mark my days, which in a certain way are everyone’s: isolated like monads, each in their own world without direct contact with the outside. If we cannot have knowledge of reality beyond our perception, what is reality now? 

We are islands in the middle of the sea, a high tide of incommunicability that has covered the land that united us. As never before, everyone now lives a subjective reality, abstracted in a new dimension, primarily virtual. We experience what surrounds us merely through the increasingly distant and simplified phenomena that come to us through the media.

The objects take on new meaning, totally relative to the current situation. They link me to the daily contingency, which continues to flow undisturbed like the sky, different every day. As I try to better understand what I am living, I feel that nothing keeps me anchored to reality except matter itself. It is in this dimension, uncontaminated and subjective in an increasingly forced way, that I seek an objectivity.

I wonder if the tide will ever go down completely, and if when the earth re-emerges it will bear the signs of what is going on. In this suspended time, new awakenings may form, to question what really matters. Perhaps the veil before our eyes is getting now increasingly thin, and the shadows we were used to see will appear more and more for what they are, simple illusions. A neglected, and now rediscovered, willpower can bring out a new vital potential, which in the concept of ‘taking care’ finds maximum expression.

It is like being the subject of an experiment in a laboratory: isolation and reduction to the essentials. In this condition, in which variables and interference are reduced to a minimum, scientists study phenomena to discover how they work. In our display case we can only reflect, and observing ourselves from inside in the reflection of the glass, what do we see? What are the questions we now have time to ask?